Marisa Faloppa
Comitato per l’Integrazione Scolastica
Sul tema didattica a distanza e scuola inclusiva in tempi di Coronavirus molti hanno scritto proponendo elementi di riflessione sul rischio di esclusione, di esasperazione delle differenze e di divario territoriale e socio-economico. Molto si potrebbe dire in merito al fatto che anche gli insegnanti sono diversi, per età e per formazione. Alcuni hanno maggiore dimestichezza con pc e tablet, altri con cellulari, altri ancora, in difficoltà con l’uso delle tecnologie ma ancorati alle relazioni vere, quelle che avvengono in presenza, hanno saputo comunque trovare modalità per mantenere contatti e creare occasioni di vicinanza e di apprendimento.
Che nessuno resti solo
I ragazzi poi sono bravissimi. In particolare quelli della scuola secondaria di primo e secondo grado. Quasi tutti si impegnano o fingono di impegnarsi nelle lezioni a distanza. Molti inaspettatamente hanno confessato che manca loro la scuola. Tra di loro restano in contatto, chiusi nelle loro case e nelle loro stanze, quasi tutti, si collegano coi social, si scambiano informazioni e messaggi. Può succedere però che qualcuno resti fuori da questo circuito virtuoso e virtuale di relazioni spontanee, che sia escluso proprio chi ne ha più bisogno, che qualcuno resti da solo e si senta fuori dal mondo. Può succedere e non solo ai ragazzi con disabilità. Allora, in una scuola che si dichiara inclusiva, spetta ai docenti sollecitare la classe ad un fondamentale dovere di cittadinanza: prestare attenzione e fare tutto ciò che sta nelle nostre mani affinché nessuno si senta solo.
E’ un impegno a cui dovrebbe essere chiamata la comunità scolastica nel suo insieme: i consigli di classe e di sezione, i referenti per la disabilità, gli insegnanti di sostegno, gli educatori assegnati dagli enti locali per l’assistenza educativa specialistica per l’autonomia e la comunicazione.
La cultura del compito e della materia
Senza trascurare l’aspetto della socialità, la scuola deve sostenere il contesto dell’apprendimento disciplinare, il diritto all’istruzione, di cui nessuno deve essere privato anche in periodo di emergenza sanitaria. Spetta alle Istituzioni, alla scuola e agli enti locali, mettere in atto interventi per rimuovere gli ostacoli che impediscono ad alcuni allievi la piena fruizione del diritto allo studio. Se per chi ha difficoltà socio-economiche deve essere assicurata la disponibilità della strumentazione necessaria, per gli allievi con disabilità, in particolare per quelli in situazione di handicap grave, va garantita una mediazione che permetta di collegare le proposte fatte alla classe con gli obiettivi dei loro individuali progetti educativi.
Fondamentale che i consigli di classe conoscano ed attuino metodologie didattiche basate su quella che Piero Rollero definì “cultura del compito e della materia”, spiegando che l’allievo con disabilità deve essere messo in condizione di percepire che le attività della classe non gli sono estranee, che hanno delle caratteristiche proprie, esistono, sono risolvibili e possono essere apprese a diversi livelli e comunque essere partecipate
La normativa che regola l’integrazione ci impone di mantenere il più possibile nel gruppo classe l’alunno con disabilità, per tutte le discipline facendolo partecipare agli stessi apprendimenti e alle medesime lezioni dei compagni, con una metodologia adatta alle sue capacità. E questo è tanto più valido nei periodi in cui si attuano modalità di didattica a distanza.
Si tratta dunque di cogliere negli obiettivi di ogni materia, lezione o attività, un nucleo essenziale, che consenta all’alunno un apprendimento reale, anche se ridotto, in modo che si senta parte integrante della classe. Anche gli alunni in situazione di handicap gravissimo possono partecipare alla cultura del compito. Se pure a volte apparentemente sembra che non apprendano, a livello inconscio interiorizzano comunque alcuni apprendimenti specifici di quella materia, che col tempo potranno riemergere ed essere utilizzati.
Il pensiero pedagogico di Piero Rollero collega la metodologia dell’integrazione scolastica alle indicazioni di Bruner rivolte a tutti gli studenti: “Si può insegnare qualsiasi cosa a qualsiasi persona a qualsiasi età, purchè venga fatto in modo adatto “.
La contitolarità e la condivisione
Perché sia possibile una concreta integrazione degli allievi con disabilità nelle lezioni attuate con modalità di didattica a distanza occorre però che i consigli di classe siano soliti realizzare abitualmente effettiva contitolarità tra insegnanti curricolari e di sostegno, concordando obiettivi, contenuti, modalità di presentazione delle diverse proposte ed i genitori che mediano lo svolgimento dei compiti devono essere coinvolti in modo adeguato.
Anche in tempi di emergenza sanitaria e di didattica a distanza dunque la classe può continuare ad essere comunità di apprendimento in cui la collaborazione tra gli insegnanti sia modello per la cooperazione tra gli allievi, con una precisa attenzione alla cultura dell’accoglienza.
Partecipare per apprendere, uno degli slogan coniati da Mario Tortello, diventa anche in tempi di Coronavirus, la chiave di volta di un’integrazione tesa a sviluppare le competenze intellettive di tutti.