di Maria Luisa Moresco (ex dirigente tecnico USR Piemonte)
L’Articolo 3 della Costituzione recita che “occorre” rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Occorre cioè nella scuola sviluppare le doti naturali, l’intelligenza di ogni bambino; si deve creare una scuola per tutti, anzi secondo il contributo di Freire e la parola agli ultimi di Don Milani, una scuola specie per i più deboli, per gli ultimi.
Negli anni, nonostante abbiamo visto varare tantissime riforme per la scuola, si è compreso bene che la scuola non si cambia solo per legge ma sono gli insegnanti i veri protagonisti.
Essi se non lasciati soli, privi di mezzi e senza riconoscimenti possono davvero fare la differenza.
Negli anni 70 un movimento di insegnanti che ha saputo cogliere l’esigenza che essi fossero i veri protagonisti del cambiamento fu il Movimento di Cooperazione Educativa – MCE, ispirato alla pedagogia ed alle tecniche di Freinet.
Al MCE apparteneva un grande maestro, lavoratore della cultura, pieno di idee e di voglia di sperimentare e di lottare: Fiorenzo Alfieri.
Egli promosse, insieme ad altri insegnanti di Torino, la scuola a tempo pieno che contemplava non solo un aumento di orario a 40 ore settimanali, ma una profonda rivisitazione della pedagogia e della didattica verso una scuola attiva (Dewey) aperta a tutti e aperta al contributo del sociale organizzato e non.
E così Fiorenzo, insieme ad altri pochi insegnanti di altre poche scuole, sperimentò l’inserimento dei bambini con disabilità medie e gravi che all’epoca frequentavano “La casa del sole” senza però rapportarsi con altri bambini nella scuola pubblica.
Dalla “Casa del sole” arrivò alla scuola Nino Costa della periferia nord di Torino, un bambino autistico accolto proprio nella classe di Fiorenzo, per l’appunto a tempo pieno dal 1971, in seguito alla legge 820. Questo bambino aveva gravi difficoltà di inserimento, pochissima attenzione a ciò che si stava facendo e scarso rapporto con la realtà. Fiorenzo lo accolse, lo coccolò, cominciò a ricercare il modo di dialogare con lui, il modo di interessarlo alle attività in corso e di renderlo partecipe della comunità.
Anche nelle altre scuole torinesi a tempo pieno ( e cioè con due insegnanti statali per ogni classe) arrivarono bambini della “Casa del sole”. Essi furono accolti con gioia e amore sia dagli insegnanti che dagli altri bambini.
Con i genitori fu meno facile, ma attraverso i comitati di quartiere spontanei, i colloqui frequenti con le famiglie si giunse ad una condivisione circa il diritto di tutti, nessuno escluso, di accedere alla scuola pubblica e di avere ciascuno le opportunità di crescere, di imparare e di socializzare.
L’esperienza di Fiorenzo fu molto importante e costituì una salda premessa perché tutti i bambini, compresi i fragili e i disabili, avessero il diritto allo studio così come la costituzione prevede e ogni paese democratico deve ottemperare.
Aggiungo per finire che in quegli anni, pieni di innovazioni democratiche , si fruiva delle competenze specialistiche dislocate nei distretti. Esistevano infatti équipe psicomediche che collaboravano con le scuole per individuare i percorsi più consoni per i vari tipi di disabilità e per sostenere insegnanti e famiglie in questo nuovo percorso.